Viaggiare non è mai una questione che può essere dettata dalla fretta e non bisognerebbe mai fare un viaggio che duri solo qualche giorno.
Viaggiare porta con sè un turbinio di emozioni che travolgono tutti i sensi e quando si torna da un viaggio, si è sempre diversi da come si è partiti.
Io sono un'amante del viaggio lungo, del viaggio lento, perchè voglio assaporarne tutti i particolari.
Non sono un animale da villaggio turistico, grazie a Dio per me il viaggio, è cultura e non c'è cultura se non c'è contaminazione con gli usi e costumi locali.
Voglio essere investita dagli odori e dai profumi del luogo che vado a visitare, dai colori delle tradizioni e dai suoni delle lingue straniere che fanno da colonna sonora.
Sono una slow walker di razza e nonostante le lamentele di mio marito, io non cambio questa mia pazza abitudine perchè camminando lentamente nulla sfugge.
E' un po' come astrarsi, dà tempo di "vedere" quello che si sta guardando.
Come guardare un quadro ad una mostra d'arte.
Si vede meglio l'intensità e l'inclinazione della luce, una piega di un vestito si trasforma nel "particolare chiave" del capolavoro, lo sguardo di un bimbo si illumina e si scolpisce nella mia memoria. Nulla sfugge.
Una destinazione che si presta particolarmente a questa mia pratica di "slow walking" è il Marocco, una terra dai mille colori, dai mille profumi e dai mille suoni.
Il Marocco non può essere visitato in fretta, perché un Suq non può essere visitato in fretta.
Sarebbe come camminare velocemente in un corridoio con muri tappezzati da opere di Van Gogh, Monét, Picasso e Dalì sbirciandoli solamente con la coda dell'occhio.
Il Suq è un'occasione troppo ghiotta per me: le spezie con i loro mille colori, le urla dei mercanti, il calpestio della gente, i gridolini dei bimbi.
Bisogna concedersi il tempo. Il tempo di fermarsi ad accettare l'invito di una degustazione di the e il tempo di fingere di arrabbiarsi davanti alla spropositata richiesta di un mercante.
Non ci sono guide turistiche che ti insegnano questo perché in realtà non servono: è sufficiente lasciarsi guidare dal proprio olfatto, dalla propria vista, dal proprio udito.
Sono loro che ti indicano la giusta direzione.
E nei viaggi si deve essere disponibili. Disponibili ad accettare di vedere le bellezze che solo quel luogo è in grado di mostrarti.
Molto della cultura di un popolo passa attraverso la gastronomia e i piatti tipici del Marocco in questo caso, sono piatti dai sapori complessi e ariticolati,
dove le spezie lavorano come da noi lavora il sale ed io trovo che sia un dovere provare a scoprire un popolo attraverso la cultura del cibo.
Se poi avete anche l'opportunità di partecipare a dei corsi di cucina del Marocco, ad esempio quelli che organizza il riad Jnane Allia, la vostra esperienza potrà considerarsi completa.
Quando si entra nella cucina di qualcuno è come entrare nel fulcro della vita di quella persona, è come aprire la porta sulla sua vita. Si comprendono i "veri perchè" delle persone.
Quindi per il prossimo viaggio, organizzate un bel viaggio in Marocco e mi raccomando, slow walking per guardate quello che vedete!
Viaggiare porta con sè un turbinio di emozioni che travolgono tutti i sensi e quando si torna da un viaggio, si è sempre diversi da come si è partiti.
Io sono un'amante del viaggio lungo, del viaggio lento, perchè voglio assaporarne tutti i particolari.
Non sono un animale da villaggio turistico, grazie a Dio per me il viaggio, è cultura e non c'è cultura se non c'è contaminazione con gli usi e costumi locali.
Voglio essere investita dagli odori e dai profumi del luogo che vado a visitare, dai colori delle tradizioni e dai suoni delle lingue straniere che fanno da colonna sonora.
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credits: Five Leaves, Greenpoint"_Erin |
E' un po' come astrarsi, dà tempo di "vedere" quello che si sta guardando.
Come guardare un quadro ad una mostra d'arte.
Si vede meglio l'intensità e l'inclinazione della luce, una piega di un vestito si trasforma nel "particolare chiave" del capolavoro, lo sguardo di un bimbo si illumina e si scolpisce nella mia memoria. Nulla sfugge.
Una destinazione che si presta particolarmente a questa mia pratica di "slow walking" è il Marocco, una terra dai mille colori, dai mille profumi e dai mille suoni.
Il Marocco non può essere visitato in fretta, perché un Suq non può essere visitato in fretta.
Sarebbe come camminare velocemente in un corridoio con muri tappezzati da opere di Van Gogh, Monét, Picasso e Dalì sbirciandoli solamente con la coda dell'occhio.
Il Suq è un'occasione troppo ghiotta per me: le spezie con i loro mille colori, le urla dei mercanti, il calpestio della gente, i gridolini dei bimbi.
Bisogna concedersi il tempo. Il tempo di fermarsi ad accettare l'invito di una degustazione di the e il tempo di fingere di arrabbiarsi davanti alla spropositata richiesta di un mercante.
Non ci sono guide turistiche che ti insegnano questo perché in realtà non servono: è sufficiente lasciarsi guidare dal proprio olfatto, dalla propria vista, dal proprio udito.
Sono loro che ti indicano la giusta direzione.
E nei viaggi si deve essere disponibili. Disponibili ad accettare di vedere le bellezze che solo quel luogo è in grado di mostrarti.
Molto della cultura di un popolo passa attraverso la gastronomia e i piatti tipici del Marocco in questo caso, sono piatti dai sapori complessi e ariticolati,
dove le spezie lavorano come da noi lavora il sale ed io trovo che sia un dovere provare a scoprire un popolo attraverso la cultura del cibo.
Se poi avete anche l'opportunità di partecipare a dei corsi di cucina del Marocco, ad esempio quelli che organizza il riad Jnane Allia, la vostra esperienza potrà considerarsi completa.
Quando si entra nella cucina di qualcuno è come entrare nel fulcro della vita di quella persona, è come aprire la porta sulla sua vita. Si comprendono i "veri perchè" delle persone.
Quindi per il prossimo viaggio, organizzate un bel viaggio in Marocco e mi raccomando, slow walking per guardate quello che vedete!